Per ogni euro investito, il ritorno è di otto: secondo la Commissione europea tanto renderebbe l’economia circolare. Lo studio di Bruxelles sull’attuazione del piano d’azione per l’economia circolare, che è stato adottato nel 2015, promuove a pieni voti la circolarità. Nel 2016, le attività che includono la riparazione, il riutilizzo e i riciclo di vecchi oggetti destinati alla discarica hanno generato un valore aggiunto di quasi 147 miliardi di euro a livello comunitario. Questo a fronte di investimenti di circa 17 miliardi e mezzo di euro. Ben otto volte tanto.

Non si tratta solo di un giro d’affari generato a partire da attività esistenti, ma anche di business che sono nati in virtù della spinta verso un’economia che è sempre meno votata alla linearità. Nello stesso anno, l’economia circolare ha impiegato oltre quattro milioni di lavoratori, con un aumento del 6% rispetto all’anno precedente. Altri posti di lavoro saranno creati nei prossimi anni al fine di soddisfare la domanda generata da mercati pienamente funzionanti per le materie prime secondarie. Gli ultimi studi indicano come valore non lontano dalla realtà fino a 500 mila posti di lavoro in più grazie all’economia circolare. «Posti di lavoro specializzati», come ha ricordato l’europarlamentare Simona Bonafè, relatrice delle quattro direttive sull’economia circolare approvate a metà aprile a Strasburgo, «Economia circolare significa investire in innovazione e tecnologie. Sono professioni tipicamente della nuova economia. Sulla crescita del Pil ci sono dati, in particolare quelli del Parlamento, che addirittura dicono che si possa arriva al 7% in più entro il 2035. A me questo dato sembra ottimistico, ma il 5% credo sia un target raggiungibile».

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