La classificazione di un rifiuto deve essere fatta dal produttore del rifiuto. Un concetto non così banale, ma fondamentale in vista di una corretta gestione del materiale di scarto prodotto da un’azienda o da un ente. È stato il TAR della Lombardia, con la sentenza 898 del 17 marzo 2025, a riaffermare questo principio. Nello specifico, il Tribunale Amministrativo Regionale si è espresso in merito a un caso dove il titolare di un impianto, in sede di riesame dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), si era visto imporre prescrizioni non conformi alla legge, riguardanti proprio la caratterizzazione dei rifiuti in ingresso nel suo impianto. Una pubblica amministrazione aveva imposto al gestore dell’impianto di trattamento l’obbligo di caratterizzare i rifiuti in ingresso.

Il TAR non solamente ha definito illegittimo questo comportamento, ma ha rimarcato quanto già indicato dal Codice Ambientale. L’art. 184 del D.lgs. 152/2006 dice infatti che deve essere il produttore a classificare un rifiuto, attribuendo il codice corretto secondo l’elenco europeo dei rifiuti (EER). Non solo. Il produttore è tenuto a eseguire tutte le analisi necessarie al fine di stabilire la tipologia e la pericolosità di un rifiuto, individuando nel caso nel sostanze chimiche presenti.

Ricordiamo che la classificazione di un rifiuto non è solamente l’attribuzione di uno specifico codice CER, ma prevede che questo passaggio sia opportunamente documentato e, nel caso, supportato anche da analisi specifiche.

Per non incorrere in errori, è importante affidarsi a professionisti. Contatta Ecolight Servizi.

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