La Commissione europea mette in mora l’Italia per non aver raggiunto il target europeo nella raccolta dei RAEE. La lettera di avvio della procedura di infrazione è arrivata al Ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale il 25 luglio 2024 e si riferisce alla direttiva sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (direttiva 2012/19/UE, modificata dalla 2024/884) che impone la raccolta e il trattamento adeguato dei RAEE e fissa obiettivi per la loro raccolta. Secondo la norma, il tasso minimo di raccolta che gli Stati membri devono conseguire dal 2020 è pari al 65% del peso medio delle apparecchiature elettriche ed elettroniche immesse sul mercato nello Stato membro interessato nei tre anni precedenti. In alternativa, può essere conteggiato l’85% del peso dei RAEE prodotti nel territorio dello Stato. L’Italia, come la maggior parte degli Stati membri, non ha conseguito l’obiettivo di raccolta UE, ma questa procedura di infrazione diventa lo stimolo a migliorare l’intero sistema di raccolta.
Facendo proprie le indicazioni del Centro di Coordinamento RAEE, il Sistema Ecolight – in particolare il consorzio Ecolight ed Ecolight Servizi realtà dedicata alla compliance ambientale delle aziende – ribadisce l’importanza di insistere lungo tre direttici per colmare un gap che vale circa 400 mila tonnellate: la semplificazione, ovvero la necessità di semplificare la gestione della raccolta dei rifiuti elettronici soprattutto nelle modalità 1 contro 1 e 1 contro 0 che riguardano la Distribuzione e la semplicità per i cittadini di poter trovare agevolmente punti di conferimento; l’informazione costante e puntuale per conoscere e riconoscere i RAEE e così conferirli correttamente; il controllo perché ancora in Italia troppi rifiuti elettronici sfuggono a una gestione virtuosa. Basti pensare che il CdC RAEE serve oltre 4.200 Comuni e di questi ce ne sono circa 700 che non conferiscono un solo kg di rifiuti appartenenti al raggruppamento R2. Questo non significa che non siano conferiti forni e lavatrici, ma che a questi rifiuti viene attribuito un codice non corretto, impedendone così la tracciabilità ai fini del riciclo e trattamento.