Solamente il 12% di tutti i rifiuti tessili prodotti in Europa viene intercettato e gestito correttamente. Dei 16 kg che ogni cittadino europeo ha generato nel 2020, 11,6 kg sono infatti sfuggiti dai sistemi di raccolta istituiti nei diversi Paesi, andando a finire nell’indifferenziata e, da qui, in discarica oppure o nell’inceneritore. A dirlo è la European Environment Agency nel suo report diffuso a fine maggio 2024 prospettando però un’inversione di tendenza: a partire dal 1° gennaio 2025, infatti, è prevista l’entrata in vigore dell’obbligo di raccolta e gestione in regime EPR – responsabilità estesa del produttore – dei prodotti tessili nel rispetto della gerarchia dei rifiuti, quindi, riduzione, riuso e riciclo. In Italia, dove questo obbligo è già in vigore fin dal 2022 ma resta “sospeso” in attesa dei decreti attuativi della norma, il tasso di intercettazione è di poco superiore alle media europea (circa il 14%), offrendo così ampi margini di miglioramento nel momento di una reale operatività del sistema di gestione che vedrà, tra gli altri, protagonista il consorzio Ecotessili.
Nel suo rapporto, l’EEA però mette in guardia su alcune potenziali criticità. Innanzitutto, la capacità di selezionare il prodotto tessile a fine vita per poterlo indirizzare verso un percorso di riuso oppure di riciclo, cercando così di ridurre il ricorso allo smaltimento. Al momento però, gli impianti di selezione che sono stati analizzati dal Rapporto avrebbero una capacità complessiva di 1,5 milioni di tonnellate, a fronte di una produzione di rifiuti tessili che nel 2020 ha sfiorato quota 7 milioni di tonnellate. Così, nei Paesi meno infrastrutturati l’introduzione dell’obbligo di differenziata rischierebbe di tradursi in un aumento dei flussi diretti a smaltimento o recupero energetico (che sono già passati da 90mila a 220mila tonnellate nel decennio 2010 – 2020), ma anche in un maggiore ricorso alle esportazioni internazionali che porta spesso a una perdita della tracciabilità del rifiuto.
Il nodo centrale evidenziato dall’EEA è però rappresentato dal passaggio a una gestione del rifiuto in una logica di responsabilità estesa del produttore; un passaggio che se da una parte chiama in causa gli stessi produttori nell’ottica di un miglioramento della qualità dell’immesso sul mercato, dall’altra deve assegnare ai consorzi un ruolo centrale per dare vita a filiere virtuose di gestione, valorizzando l’esistente.